Produzioni agricole

La produzione agricola è certificata biologica, persegue il criterio della filiera chiusa e comprende:

  • Cereali antichi
  • Frutta fresca e secca
  • Verdure e ortaggi stagionali
  • Erbe aromatiche, officinali e tintorie 
  • Fiori ed erbe spontanee e mangerecce
  • Foraggi

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Cereali antichi

Con l'espressione cereali antichi si intendono quei cereali nati e coltivati prima della cosiddetta Rivoluzione verde della seconda metà del Novecento; essi, pur non avendo le alte rese di quelli attuali, presentano caratteristiche molto apprezzabili sia sul piano organolettico sia su quello della salubrità delle farine derivate. Essi sono "caratterizzati da un contenuto glutinico nettamente inferiore rispetto a quelli moderni: ecco perché vengono spesso preferiti dai soggetti che sviluppano intolleranze al glutine. Inoltre, per il loro gusto e per la maggior facilità di coltivazione senza l'ausilio di sostanze di sintesi, vengono scelti per le produzioni familiari destinate all'autoconsumo e per le economie (spesso circolari) di aziende agricole di piccole e medie dimensioni." (da Elisa Gastaldi, L'anima del grano, quaderni di Soul Farm, 2021, pag. 21).

La nostra scelta delle varietà è caduta sul frumento tenero tradizionale San Pastore (collegamento a pagina v. sotto), su un frumento duro tradizionale addomesticato (che abbiamo chiamato grano dell’Impero) e sul mais ottofile (collegamento a pagina v. sotto) locale (assieme al quale conserviamo una popolazione autoriprodotta nata da varietà antiche -spinato dorato, arancione, spinato nero, spinato rosso, bianco, tipo glass gem corn,...).

La molitura a pietra realizzata nel mulino dell'azienda preserva appieno il valore nutritivo ed esalta il sapore delle farine. I lievitati preparati presso l'azienda vengono realizzati mediante l'uso della pasta madre che favorisce la lievitazione, la tenuta dell'impasto, la fragranza, la digeribilità e la conservabilità del prodotto finale. La pasta secca prodotta con farina e semola di grano antico duro viene lavorata a mano con trafilatura al bronzo ed essiccazione lenta per esaltarne le qualità organolettiche.

La modalità di conservazione dei cereali con i tre silos ad azoto -estratto direttamente dall'aria compressa- consente di eliminare l'ossigeno in maniera naturale, senza utilizzo di sostanze chimiche e di mantenerli freschi per ogni molitura, come appena trebbiati.

Frumento tenero San Pastore

È un grano tenero tradizionale dalla bella spiga scura e dalla caratteristica forma clavata. Nasce da varietà antiche selezionate nel primo '900 dal grande genetista Nazareno Strampelli: fu la varietà di frumento più coltivata in tutta Italia a partire dagli anni '30 fino agli anni ‘60, quando fu soppiantata dai cereali della Rivoluzione Verde. Nata all’epoca della cosiddetta Battaglia dei grani, la cultivar San Pastore è stata concepita con lo scopo di aumentare la produzione cerealicola senza aumentare la superficie nazionale coltivata, ai fini di perseguire l’autarchia alimentare. Presenta una buona resistenza al freddo e alla calura, all'allettamento durante la spigatura e ad alcune patologie quali la ruggine.

Il grano San Pastore e gli altri grani antichi o tradizionali sono "...caratterizzati da un contenuto glutinico nettamente inferiore rispetto a quelli moderni: ecco perché vengono spesso preferiti dai soggetti che sviluppano intolleranze al glutine. Inoltre, per il loro gusto e per la maggior facilità di coltivazione senza l'ausilio di sostanze di sintesi, vengono scelti per le produzioni familiari destinate all'autoconsumo e per le economie (spesso circolari) di aziende agricole di piccole e medie dimensioni." (da L'anima del grano, quaderni di Soul Farm, di Elisa Gastaldi, 2021).

La storia e le particolari caratteristiche del San Pastore hanno portato, nel 2016, alla nascita del progetto Pa.N.E. - Panem Nostrum Everyday, che vede come capofila UPO Università del Piemonte Orientale, con partner la nostra azienda, Fondazione Morando Bolognini, Comune di Tortona, Coldiretti Alessandria, CoNaP San Pastore.

Dalle analisi preliminari effettuate dall’Università del Piemonte Orientale su diversi campioni di pane realizzato in purezza con grano San Pastore sono emersi: un arricchimento di proteine legate alle riserve nutritive, un basso contenuto di glutenine e alti contenuti di gliadine e avenine.

Si evidenzia una netta prevalenza degli acidi grassi insaturi rispetto a quelli saturi.

Valori della farina integrale (a confronto con una farina integrale generica in commercio): Calorie 331 (vs. 340), Grassi 1,99 (vs. 2,5), Carboidrati 58,51 (vs. 71,97), Fibre 14,82 (vs. 10,7).

W = 39 P/L = 0,32 - Umidità < 15,50%

La molitura a pietra realizzata nel mulino dell'azienda preserva appieno il valore nutritivo ed esalta il sapore delle farine. Nella panificazione, poi, l’utilizzo della nostra pasta madre (nata e sempre rinfrescata solo con San Pastore) favorisce e valorizza la lievitazione, la tenuta dell’impasto, la fragranza, la digeribilità, la conservabilità e le caratteristiche organolettiche di questa farina così speciale.
È nato così il Pane del Pellegrino, realizzato in purezza con frumento San Pastore, con lievitazione naturale.

Pane del Pellegrino di frumento San Pastore

La zona delle Quattro Province (Alessandria, Pavia, Piacenza, Genova) è da sempre un crocevia di storie e di strade tra cui quelle dei molteplici cammini di pellegrinaggio, diffusi soprattutto in epoca medievale.

In quegli anni le vie erano piene di pericoli e chi decideva di intraprendere viaggi impegnativi verso i luoghi di culto poteva porsi sotto la protezione di Dio anche con un segno distintivo: l’immagine divenuta una vera e propria icona (diremmo oggi) è quella della capasanta, o conchiglia di San Giacomo; questa veniva appuntata sul berretto o sugli indumenti e poteva essere utilizzata per bere, ma solo dopo essere stata guadagnata al termine del pellegrinaggio a Santiago (= San Giacomo) de Compostela (de Campus Stellae), meta finale della via che attraversava più di mezza Europa da Est a Ovest e che aveva il suo corrispettivo nella scia notturna luminosa che solcava i cieli estivi, la Via Lattea -che è diventata infatti il nome alternativo del Cammino di Santiago.

A collegare la terra e il cielo è anche l’alimento che da sempre è al centro della tavola contadina mediterranea: il pane, re della tavola, il luogo della condivisione, della comunanza, dell’unione. Per questi motivi aveva un valore sacro, di nutrimento per il corpo e per l’anima.
La storia, il cibo, la cultura, le parole (pellegrino = per ager, colui che cammina per i campi), la terra, il cielo: dall’incrocio di tutte queste strade nasce il Pane del Pellegrino, un pane realizzato in purezza con il frumento tenero tradizionale italiano che è stato seminato su quasi tutto il territorio nazionale, il San Pastore. Il Pane del Pellegrino è realizzato con lievitazioni naturali (pasta madre, etc., fondamentali per la fragranza, la digeribilità e la conservazione di un prodotto che non contiene farine di forza e ha un bassissimo contenuto glutinico), ha forma rotonda con il caratteristico taglio a forma di conchiglia.

Mais

Anche per quanto concerne il granturco, abbiamo scelto una varietà locale storica di ottofile, alla quale -sempre all’insegna della biodiversità- affianchiamo una piccola popolazione di svariati altri mais provenienti da diverse parti d’Italia e del Mondo (mais bianco tipo Spongia, mais rosso tipo Fragola, mais nero, mais spinato nero e spinato rosso, arancione, tipo glas gem corn,...). 

Il mais ottofile si trova in diverse parti d’Italia (un po’ come gli spinati) e ne abbiamo trovato tracce dagli inizi del Seicento: è rustico, gustoso, non produttivo come le varietà moderne ma resistente e addomesticato al territorio locale.

Da quando è stato importato dall’America, il mais è presto diventato un alimento proprio della tavola rurale, al punto tale -in alcuni casi- da diventarne la base principale, basti pensare alla polenta

La polenta è un antichissimo piatto a base di farina di mais ma anche di altri cereali come il grano saraceno e l’orzo: nelle regioni del Nord Italia ha costituito per lungo tempo un cibo molto importante per l’alimentazione quotidiana, appetibile, economico e accessibile anche ai meno abbienti. Sul piano nutrizionale è un alimento di tutto rispetto anche perché è spesso abbinata a ingredienti che la completano. Ovviamente una dieta basata sul suo consumo esclusivo, a lungo andare, crea carenze nutritive e ha dato origine in passato alla diffusione della pellagra per la mancanza di vitamina PP (Pellagra Preventing).

Il termine polenta deriva dal latino puls, specie di polenta di farro (dal latino far deriva farina) e dal greco pòltos, una zuppa densa. Il mais, il cibo dei Maya e simbolo della loro civiltà, dopo la scoperta dell’America, sostituì gli altri vari cereali nella preparazione della polenta in Europa.

Un tempo i contadini coltivavano il granturco per l’autoconsumo negli spazi disponibili nei campi: le pannocchie raccolte venivano disposte nei cortili dove era usanza che le massaie si riunissero per aiutarsi a sgranarle, tra schiamazzi di bimbi felici di questo lavoro e divertimento.

La tradizione vuole la polenta formata da un impasto di acqua, farina di cereali -principalmente granturco- e sale, cotti in un paiolo di rame per almeno un’ora. La farina da polenta è solitamente di mais macinato a pietra (la bramata), più o meno finemente a seconda della tradizione della zona di produzione. Ora si usa anche il fioretto, più fine, e si può aggiungere anche il grano saraceno o utilizzare il mais bianco. Cotta quasi sempre sul fuoco del camino, nel paiolo di rame (cәldré), mescolata con un bastone, scodellata sul tagliere rotondo di legno, la polenta si presentava in tavola coperta da un tovagliolo per essere tagliata a fette col filo o servita a cucchiaiate, a seconda della consistenza.” (Alida Bazzini, Mangià ad campagna. Ricette della tradizione contadina, Edizioni la ricotta, p. 138).

Frutta fresca e secca

Nel solco della tradizionale familiare del territorio, il nostro frutteto presenta una molteplicità di piante da frutto (circa 300) di oltre 150 varietà diverse, quasi tutte antiche, con il risultato di una produzione differenziata nei tempi e nei modi, dai mille colori, profumi e sapori. 

Il frutteto offre: mele (tra cui la pomella genovese, la mela cotogna, il rustaiò...), pere (tra cui la maderna, la bella di giugno, la pera cotogna,...), susine (tra cui la scanarda, la prugna di San Giovanni, la Regina Claudia, la California...), ciliegie (tra cui la bella di Garbagna il durone Morsiani,...), albicocche (tra cui la bianca, la pisana,...), pesche (tra cui le varietà antiche di Volpedo -Glohaven, Springhaven, Cresthaven-, le pesche piatte, l’Antares, la spaccagnola,...), amarene, kaki, fichi, melograni, frutti nani e frutti curiosi, kiwi e un'ampia varietà di uve bianche, nere e rosate (tra cui la Verdea, quattro diversi Moscati -come il Moscato d’Amburgo-, la Delizia di Vaprio, la Topazia, la Sultanina rossa,...). 

E poi i frutti di bosco: fragole, ribes, uva spina, more, mirtilli. Oltre agli ulivi e ai noccioli, gli immancabili gelsi bianchi, rossi e neri, emblemi del tradizionale paesaggio rurale della pianura delle nostre zone, un tempo importantissimi anche per l'allevamento del baco da seta. Infine, mandorli, noci e noccioli (la famosa Tonda Gentile), piante anch'esse tipiche del territorio. 

Verdure stagionali

Il nostro orto viene coltivato con il metodo dell'orticoltura sinergica, basata sulla ricerca del costante equilibrio tra piante e terreno grazie alla messa in comune delle risorse che costruiscono e animano l’arcipelago delle aiuole sopraelevate delle nostre quattro spirali: in queste aiuole, o bancali, pacciamate con la paglia dei nostri grani e irrigate al minimo (grazie al polmone idrico naturale sottostante ogni aiuola) con sistemi a goccia, le numerose specie vegetali (orticole e fiori) vengono disposte in modo da realizzare consociazioni favorevoli e sfruttare le conseguenti sinergie, che promuovono meccanismi di autofertilità del terreno e autodifesa dalle malattie, senza arature né concimazioni né fitofarmaci.

Per favorire la diffusione di questa metodologia naturale di coltivazione l'azienda propone corsi e varie attività teorico-pratiche rivolte a grandi e piccoli. 

I prodotti dell'orto vengono utilizzati freschi per l’agriturismo o posti in vendita presso la bottega agricola. Una parte viene destinata alla produzione di conserve quali salse, verdure in agrodolce, confetture.

Erbe aromatiche, officinali e tintorie

L'orto sinergico abbonda di erbe aromatiche e officinali: rosmarino, salvia, timo, origano, lavanda, melissa, elicriso, calendula e maggiorana e, secondo stagione, basilico, prezzemolo, menta piperita ed erba Luisa (aloysia citriodora), queste ultime utilizzate per produrre sciroppi e liquori. Tra le erbe officinali, crescono spontanei il tarassaco (taraxacum officinale), o dente di cane, dalle note proprietà depurative, la malva (malva silvestris) per infusi rinfrescanti e lenitivi, l’iperico, la camomilla (matricharia chamomilla) adatta per infusi antinevralgici e rilassanti e l'erba di San Pietro (tanacetum), dalle proprietà digestive e disinfettanti.

Tra le erbe tintorie un posto di primo piano è occupato dal gualdo (isatis tinctoria), il cosiddetto oro blu di Castelnuovo Scrivia di cui fece la fortuna tra il XIV e il XVII secolo. E’ una pianta biennale molto robusta, dai vistosi fiori gialli, le cui foglie macerate fornivano un colorante indispensabile a tingere di blu lane e fibre fino al tessuto dei blue-jeans. Da non dimenticare anche le proprietà antibatteriche, cicatrizzanti e repellenti nei confronti degli insetti e la possibilità, in tempi di magra, di essere utilizzato anche come foraggio per il bestiame.

Fiori ed erbe spontanee e mangerecce

Tra i numerosissimi fiori di campo che si trovano nei nostri terreni, troviamo il lussureggiante papavero dal rosso sgargiante, simbolo della dea Cerere e signore dei campi di grano coltivati come un tempo, accanto al suo ritrovato compagno dall'intenso colore azzurro, il fiordaliso (centaurea cyanus), così chiamato per aver guarito, secondo la leggenda, il centauro Chirone, maestro di Eracle. E poi bocche di leone, borragine, malvone (althea canapensis), consolida, viola, calendula, non ti scordar di me, iris, achillea,...

Per gustose insalate, frittate, minestre si possono trovare crescione, ortica, farinello, romice, borragine, cerfoglio, acetosa, cime di luppolo, malva, chenopodio, le cicorie di campo e di nuovo il tarassaco, ottimo in insalata con uova sode, un piatto della tradizione contadina che si ritrova nel nostro modo di vivere l'agricoltura, rispettoso della natura e della storia del territorio (Alida Bazzini, Mangià ad campagna. Ricette della tradizione contadina, Edizioni la ricotta, p. 145).

In azienda manteniamo le varietà sia raccogliendone i semi sia favorendo la diffusione spontanea delle sementi.

Foraggi

L'azienda produce fieno misto ed erba medica, utilizzati per l'alimentazione biologica del bestiame e capaci di garantire una corretta rotazione delle colture, avvicendando le leguminose da foraggio alle colture cerealicole.